lunedì 9 maggio 2011

Un articolo della mia "piccola"




IL GENOCIDIO ARMENO





L'espressione Genocidio (dal greco γένος, razza, e dal latino caedo, uccidere, atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso) armeno si riferisce a due eventi distinti, ma legati fra loro: il primo è relativo alla campagna contro gli armeni negli anni 1894-1896; il secondo alla deportazione ed eliminazione di armeni negli anni 1915-1916. Il termine genocidio è associato soprattutto al secondo episodio, che viene commemorato dagli Armeni il 24 aprile (giorno in cui i Turchi inviarono la campagna di sterminio del popolo armeno).


Gli Armeni sono gli abitanti autoctoni dell'Armenia (anche stanziati nell'Anatolia orientale), situata nel Caucaso meridionale, dove, più di duemila anni fa, hanno costituito un proprio stato unitario che, nel corso dei secoli, ha perso, e più volte riconquistato, la propria indipendenza. La loro più lunga dominazione è stata quella dei Turchi che vi penetrarono per la prima volta circa 900 anni fa. L'Armenia, chiamata anche Hayastan, è un paese montuoso che confina con la Georgia, l'Azerbaigian, la Turchia e l'Iran. La capitale è Erevan, l'antica Erepuni fondata nel 782 a.C. che si trova a circa 1000 metri d'altitudine, dominata dal Monte Ararat alto 5165 metri.




Primo genocidio (1984-1985).

Gli armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l'indipendenza. Poiché essa voleva conquistare l'Impero Ottomano per appropriarsi di Costantinopoli e dei vicini territori, i turchi vollero reprimere questa indipendenza e iniziarono, con i curdi, a nutrire sentimenti di odio per quel paese. I curdi infatti fecero subire oppressioni agli armeni, mentre gli ottomani aumentarono le tasse, causando così una ribellione armena, nella quale l'esercito ottomano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi.




Secondo genocidio (1915-1916).

In un congresso segreto dei "Giovani Turchi (che sembrano intenzionati ad abbattere il sistema imperiale per poi creare una federazione di tutti i popoli precedentemente inclusi nell'Impero)", tenutosi a Salonicco nel 1911, fu deciso di sopprimere totalmente gli armeni residenti in Turchia per timore che questi si alleassero con i loro nemici: i Russi. L'occasione per realizzare questo piano di sterminio si presentò con lo scoppio del Primo Conflitto Mondiale, quando le potenze europee, impegnate nella guerra, non potevano interferire nelle faccende interne della Turchia.

Inizialmente furono chiamati alle armi tutti gli Armeni validi che, dopo esser stati separati dai loro reparti, vennero uccisi. Subito dopo toccò a intellettuali, sacerdoti e dirigenti politici, ma tutte le donne, i bambini e i vecchi armeni non vennero toccati: per loro si era deciso la deportazione, ma le donne, prima di essere uccise, sarebbero state anche violentate. Usando come pretesto la prossimità della zona di guerra, gli armeni, vennero costretti ad abbandonare le loro abitazioni per trasferirsi, così gli fu detto, in zone più sicure. Per strada, le carovane dei deportati, venivano sistematicamente assalite da bande di malfattori fatti uscire appositamente dal carcere, il cui compito era lo sterminio degli Armeni. Chi riusciva a sfuggire al massacro moriva per la fame, la sete, le malattie e gli stenti del lungo viaggio compiuto a piedi per centinaia di chilometri. Perirono così circa 1.500.000 di persone: la quasi totalità degli Armeni di Turchia. Si salvarono solo quelli residenti a Istanbul e Smirne, perchè troppo vicini a sedi diplomatiche straniere, e gli abitanti di alcune province in prossimità del confine russo, che si misero al riparo fuggendo oltre frontiera.




"La masseria delle allodole" di Antonia Arslan (Padova,1938)


In questo libro, in cui si tratta il genocidio armeno dell’inizio 900, l’autrice narra la storia di un gruppo di armeni (e della sua famiglia) che vissero in Anatolia in quel periodo e si ispira ai suoi ricordi familiari.

Questo romanzo ha vinto il premio Stresa di narrativa nel 2004


Trama.

La storia si apre con la descrizione dei componenti della famiglia Arslanian.

Quando il capofamiglia muore, Sempad, il secondogenito, deve occuparsi della famiglia poiché il primogenito, Yerwant, è partito giovanissimo per l’Italia per fuggire il più lontano possibile da Nevart, la sua matrigna; Sempad, oltre a Yerwant, ha pure due sorelle, Azniv e Veron, e due fratelli, Rupen e Zareh. Le sorelle vivono con la matrigna, Rupen vive a Boston e Zareh vive ad Aleppo. Veron vorrebbe un fidanzato americano e pensa che se andasse a trovare Rupen a Boston forse potrebbe trovarlo. La sorella, Azniv, ha un ragazzo armeno, ma viene corteggiata da un ufficiale turco, Djelal. Zareh è pure lui medico e crede di essersi distaccato dall’ingombrante famiglia lontana; manda a tutti loro una valigia di broccati d’Aleppo ogni due anni. Nell’ultimo invio egli aggiunse per Azniv, sorella minore, una pezza di seta rosso granata con rose di velluto a fili d’oro in rilievo; questa seta finirà nel deserto e le servirà da coperta. Un giorno, mentre Azniv legge un romanzo seduta sulla panchina di legno di casa sua sente qualcuno che la chiama: è Djelal. E’ venuto perché sa già della deportazione degli Armeni, ma non le dice niente, e vuole salvarla. Le chiede di sposarlo e di scappare con lui a Parigi. Sempad nel frattempo aveva fatto spianare il terreno nello spiazzo della masseria per creare un lawn tennis. Ma, arrivato il giorno di Pasqua, ipiani di Azniv, scappare con l’ufficiale, e di Sempad, rivedere suo fratello, sfumarono.

Mentre si preparano per pranzare arriva Krikor disperato, ed informa Sempad che tutti gli uomini del quartiere sono stati arrestati e che tale sorte sarebbe toccata pure a loro. Allora decidono di rifugiarsi alla masseria, dove, poco dopo, li avrebbero raggiunti la moglie Shushanig con i figli e alcuni amici. Partiti i due uomini, Shushanig si reca nella sua grande stanza, e apre una scatola piena d'oro e gioielli. La divide in due sacchetti e ne affida uno ad Ismene, una lamentatrice greca, e le dice di indagare su ciò che sta avvenendo. Ma il tenente Ismail scopre l’accaduto e raduna i soldati per punire tutti coloro che si trovano alla Masseria, uccidendo brutalmente tutti gli uomini presenti e gettandoli poi in quello che sarebbe dovuto diventare un lawn-tennis. Poco dopo, un colonnello scopre l’accaduto e provvede ad una degna sepoltura per i poveri uomini armeni. Essi ancora non lo sanno, ma per loro, quello, sarà l’ultimo funerale.


Shushanig torna a casa e, a tarda sera appaiono le solite guardie in compagnia di un banditore che proclama che le famiglie armene hanno trentasei ore per lasciare la città e i loro beni. Le donne chiedono dove sono i loro mariti e i soldati rispondono loro che le aspettano fuori città. In realtà sono tutti morti e nessuna li rivedrà mai più. Yerwant, non avendo più ricevuto telegrammi da Sempad, inizia a sospettare qualcosa e, piano piano, scoprirà dalle minime informazioni che trapelano dall’estero, che la mettono al corrente delle stragi armene. All’alba tutti gli Armeni sono già nelle carrozze e pronti a partire. All’uscita dalla città i carri degli Armeni, guidati dai gendarmi, si fermano per la notte. Vengono assaliti dai curdi che aiutano i turchi nel genocidio. Così ha inizio lo sterminio degli Armeni: molti muoiono di fame e di disperazione, altri vengono assassinati a bruciapelo e le donne vengono violentate e poi uccise.

Quando i deportati stanno per arrivare a Konya, la città santa, i gendarmi, per non far capire niente agli abitanti, fermano gli armeni prima di entrare in città. Ma le urla delle armene disperate faranno capire ai dervisci (discepoli di alcune confraternite islamiche) la loro sorte crudele. Il capo delle guardie ordinerà ai suoi uomini i prigionieri ed è così che Shushanig rincontrerà Ismene. Quest’ultima, insieme ad Isacco e Nazim, arrivati a Konya, trovano Shushanig e la sua famiglia: le danno da mangiare e le dicono che torneranno per liberarli. Yerwant riceve una lettera da Zareh, il fratello che vive ad Aleppo. E’ una lettera in codice dove gli dice di non scrivere più a casa sua, ma di informarsi al consolato francese. Ismene poi cerca Zareh e lo trova in un albergo francese. Gli racconta ciò che è successo a Sempad e alla sua famiglia e escogitano un modo per salvarli. Zareh si farà aiutare da Marie Josephine, moglie del console. Assieme corrompono il comandante e una guardia del campo, sicchè, una notte, entrati nel campo, riescono a salvare lei e le sue figlie. Ormai è troppo tardi per Azniv, uccisa dai soldati, e per Veron morta per la fame. Così, le figlie di Sempad con Shushanig, restano un anno con Zareh. Poi Shushanig muore di crepacuore e le figlie vengono mandate in Italia da Yerwant. Ed è proprio l’ufficiale Djelal ad aiutarle a fuggire e poi a testimoniare al processo per le stragi armene a Costantinopoli nel 1919. Ismene e Isacco partono per Smirne. Nazim scompare, forse per esercitare la sua professione alla Mecca. Nessuno è più tornato nella piccola città.




Il genocidio armeno: perchè?

Uno dei motivi principali per cui avvenne questo genocidio è che, con il crescere dei Nazionalismo e il rafforzarsi del Panturchismo (ideologia diffusa nei Balcani che mira a congiungere tutti i popoli che appartengono al gruppo linguistico turcofono), gli armeni, con la loro cultura, erano visti come un ostacolo alla formazione di un unica grande Regione di origine Turca. I turchi li consideravano perciò dei traditori. Inoltre, con lo scoppio della I Guerra Mondiale, gli Armeni si trovavano fra due stati in conflitto (Turchia e Russia): molti di questi, residenti in Turchia, volevano rimanere neutrali poiché in Russia vivevano molti loro parenti.

I principali politici responsabili di questo sterminio furono Talaat, Djemal, Enver e Mustafa Kemal (detto Ataturk).




Dopo lo sterminio.

Al termine della Prima Guerra Mondiale, in seguito alla sconfitta della Turchia, cadde il regime dei "Giovani Turchi" ed il nuovo governo istituì - controvoglia e per ingraziarsi le potenze europee vincitrici - una corte marziale per giudicare i responsabili dello sterminio degli Armeni. Solo alcuni fra i principali organizzatori del genocidio armeno furono poi uccisi da parte di giustizieri armeni.

La Turchia, dal genocidio in poi, ha continuato ad avere un atteggiamento ostile, che persiste tutt'ora, nei confronti delle poche decine di migliaia di armeni rimasti in quel paese, concentrati quasi esclusivamente ad Istanbul. Tra il 1939 e il 1964, sempre in Anatolia, vi è stato un terzo massacro di armeni. Nel 1942 è stata emanata la cosiddetta tassa sulla ricchezza, ideata ed attuata al solo scopo di distruggere economicamente le minoranze armene, greche ed ebree del paese. L’anno successivo è stato tentato un ulteriore massacro di armeni con il pretesto di una chiamata alle armi, ma venne scongiurato.

Dal 1992 la Turchia mantiene chiuso il confine con l'Armenia.




Negazione del genocidio.

A differenza dell’olocausto ebraico, riconosciuto e condannato dai tedeschi, quello armeno non è stato né riconosciuto né tanto meno condannato da parte della Turchia attuale che anzi, in ogni occasione, sia pubblicamente che in privato, continua a negare il fatto che tale genocidio sia mai avvenuto. Inoltre la Turchia, tutt’ora paga ingenti somme per nascondere la vera storia, corrompe politici, studiosi e giornalisti occidentali per fare negare questa terribile strage. Inoltre sono stati messi in circolazione dalla Turchia dei falsi documenti storici per sviare le piste su questo massacro. Nonostante la negazione della Turchia e le sue reticenze, lo sterminio armeno è un dato di fatto incontestabile, ampiamente documentato da testi scritti e fotografie, oltre che dalle narrazioni dei superstiti, anche da parte di testimoni stranieri.




In conclusione.

E' evidente che fin tanto che il genocidio armeno non verrà ufficialmente condannato, esso costituirà un esempio negativo che potrà incoraggiare altri a compiere simili crimini: ieri sono stati gli Armeni ed i Greci ad essere sterminati, oggi sono i Curdi. Tutto ciò si verifica anche perchè il genocidio armeno non è stato sufficientemente condannato.

Il genocidio armeno, nonostante le negazioni Turche, c’è stato, bisogna saperlo e ricordarlo. Bisogna ricordare le vite spezzate di ognuna di queste persone per far sì che non avvengano più altri atti simili, così crudeli e insensibili, questo è l’unico modo per far sì che tutte queste morti non siano avvenute invano.









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Fonti:

Wikipedia, Il Genocidio armeno

Filmato su youtube: tratto da una trasmissione Rai3

La masseria delle allodole, Antonia Arslan, (BUR 2007)

Film "La masseria delle allodole", f.lli Taviani (2007)

martedì 3 maggio 2011

AYAAAAK!

Il mio vecchio amico Zagor compierà 50’anni il 15 giugno del corrente anno e, come potete vedere dalla vignetta, gode di ottima salute e non dimostra affatto la sua età. Dal mese di maggio cominciano i festeggiamenti per il suo cinquantennale, un traguardo straordinario che si celebrerà, ufficialmente, con il numero 602 della collana Zenith, tutto a colori e in edicola dal prossimo 3 giugno.

Di tutti i miei fumetti, questo è l’ultimo rimastomi a tenermi compagnia. Le stupende matite di Ferri Gallieno mi riportano alla mia infanzia e, così tanto m’immedesimo nelle storie che, quando sono in giro per i boschi delle mie montagne, mi sembra d’udir un urlo di battaglia che fa press’a poco così: ayaaaak!