domenica 3 novembre 2024

UN PERIPLO DEL PELOPONNESO, O QUASI

 

A bordo del Kissamos giungo al Pireo. La nave è affollatissima, raccoglie i numerosi passeggeri che sono rimasti bloccati per lo sciopero, molti sono studenti e insegnanti che hanno concluso le vacanze-studio e gli Erasmus.

Lo sbarco richiede circa un'ora e rimanere in angusti corridoi muovendosi a micro-passi, peggio che all'uscita dalla chiesa alla messa delle 10 negli anni'60, non è per nulla un'esperienza piacevole. Se fosse capitato un imprevisto, salvarsi sarebbe stato impossibile.
Finalmente sono sulla banchina, è ancora buio. Accendo le luci e mi metto in marcia verso Corinto.
Pedalo da alcune ore bello tranquillo lungo lo stradone, quando mi affianca questo tizio


e mi fa:
"Ehi Max! Come si fa a diventare un Avengers?"
"Eh, amico..." gli rispondo. "Devi parlare col Capitano".
Mostra le dita a "V" in segno di saluto e se ne va sogommando con gli scarichi in fiamme.

Ecco lo Stretto di Corinto.

Dato che sto bene continuo a Pedalare fino a Nafplio, una bellissima città che è stata anche la prima capitale dello Stato Greco. Qui campeggi non ce ne sono, mi tocca andare a Tolo, portando così a160 i km della giornata odierna. Stanco ma felice: Sono nel Peloponneso!☺


Il giorno successivo giungo a Leonidio, altri 100 km. Qui rimango coinvolto in una festa di climbers nella quale è stata allestita la poppa di una nave con delle prese d'arrampicata.


La mattina pedalo con direzione Gythio, una faticaccia boia. Salite lunghissime, durissime, sfibranti, nella mente e nel  fisico che deve trascinare i 35 kg di peso supplementare su queste ripide pendenze. I chilometri di oggi saranno infine 90 e tutti inaspettatamente ostici. O forse sono io a trovarli tali perché non ho recuperato la fatica dei giorni scorsi.

Arrivo al Camping Meltemi e mi concedo un giorno di riposo. È il 28 ottobre, il Giorno del No, Festa Nazionale dal 1940, giorno in cui il governo e il popolo greco rifiutarno l'ingresso in Grecia alle truppe di Mussolini.

Ed eccomi qua! Perfettamente solidale con gli Ellenici.


Ghityo, che in antichità si chiamava Cranae, era l'antico porto di Sparta. La spiegazione dettagliata di tutto ciò, la si può trovare nel bel libro di Fermor, "Mani".

Mani è il nome di questa regione. Una terra dura, abitata da uomini coriacei, che si dice discendano dagli antichi spartani. Il Mani vanta il privilegio di non essere mai stato conquistato, non conosce invasioni, neppure quelle turche. Persino i pirati navigavano alla larga dalle coste maniote. Pensate che quando nasceva un bimbo, gli adulti dicevano: "È arrivato un nuovo fucile".

Sono nuovamente in viaggio direzione Kalamata, la patria delle olive. Ma prima mi attende Areopoli e poi Vathia, la più bella ghost town che io abbia mai visto.


La strada per Kalamata è meravigliosa, e non solo perché ho recuperato le forze, ma perché il paesaggio è proprio bello (o perlomeno, a me piace un sacco) e la salita non manca neppure qui, ma la faccio con gioia.

Questa giornata fatta di case di pietra, di ulivi, del blu del mare, dell'azzurro del cielo, dai buoni profumi e dal vento che ti soffia in faccia, da un senso a tutto ciò che è l'essenza di un viaggio lento. L'importanza di ciò che sta nel mezzo tra il punto di partenza e la meta.
Ho lasciato Kardamili in basso più di un'ora fa. Pedalo su questa strada in salita, con il vento contro e un susseguirsi quasi ininterrotto di autovetture. In un clima che è perfetto per me. Non sono stanco, mi piace il panorama e mentre penso questo, accade qualcosa.  Dal basso, sento provenire il suono di una tromba. Acutizzo l'udito per capirne il motivo e il vento cessa. Le macchine smettono di passare. La mia pedalata è fluente, redditizia, silenziosa. Mi trovo sospeso nel nulla, eppure su una strada. Il tempo si ferma. Le note limpide della tromba ascendono e sento salire in me una gioia interiore e un senso di gratitudine per il fatto di essere vivo, al mondo e in questa forma. Credo di trovarmi a contatto con il mio Atman, con il mio Io più intimo, con l'Anima. Chiamatelo come volete, però è questo. Poi il vento riprende a soffiare, le macchine a passare e il suono della tromba non si ode più. È questo quello a cui mi riferivo quando dicevo che l'mportanza sta nel mezzo, ma non so se mi sono spiegato.

In un campeggio ad Alissos ho la fortuna di fare la conoscenza con un ulivo millenario. Yorgos, il proprietario del campeggio, mi dice che l'ulivo ha più di 1000 anni.

La foto non da la percezione di quanto sia grande quest'albero, ma vi garantisco che è enorme. Non sembra anche a voi che abbia la forma di un gigantesco cuore?

La mattina è sempre fredda. E la mattina successiva è più fredda della precedente. I campeggi sono deserti, lontani dal paese.
I mini-market al loro interno sono chiusi, così come pure il servizio bar, niente luci. 

Alla sera mi cucino una pasta, o del riso, alla luce della mia pila frontale. Mangio ed entro in tenda infreddolito. Leggo un po' e mi addormento presto. Però mi sveglio anche presto e aspetto l'alba e poi che il sole scaldi. Mi viene in mente una frase Lakota che ho letto da qualche parte: " Sono come l'orso, mi siedo sulle zampe e aspetto il sorgere del sole".
È triste tutto ciò?
Forse.
È il preludio dell'inverno.
Viaggiare in bici è bello, ma  come lo faccio io, spostandomi da un campeggio all'altro, diventa sempre più difficile e non credo di poterlo fare ancora a lungo. Qui in Grecia, alcune strutture sono ancora aperte perché sono anche uliveti, ma quando la raccolta finirà i campeggi chiuderanno.
Ci sono tanti gattini che vivono qui. Alcuni cacciano, ma quasi tutti si nutrono delle elemosine dei campeggiatori.

Ho paura che non saranno in molti quelli che riusciranno a superare l'inverno una volta che sarà tutto chiuso. Ho preso l'abitudine di mettere un po'di pasta in più anche per loro.

(Alissos, 4 novembre 2024)

Quattro novembre?
Ma oggi è il compleanno di una mia cara amica!
Tanti Auguri Sibi! 🥳

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