mercoledì 6 novembre 2024

THE END

 

Arrivo a Patrasso verso mezzogiorno, vado alla biglietteria marittima e acquisto, per il giorno stesso, un posto ponte per Bari.


La nave partirà alle 17.30 per cui ho alcune ore libere per mangiare, fare un giretto in città e organizzarmi per la traversata. Patrasso non è più la squallida cittadina portuale che conoscevo, si è vivacizzata. Ora ci sono bei negozi e tanti localini. Certo, le periferie sono un po' malmesse, ma è inevitabile che sia così. Quando ritorno nell'area portuale la memoria mi riporta indietro di una ventina d’anni e noto l’assenza dei ragazzini che scavalcano le barriere con l’intento d’imbarcarsi clandestinamente per l'Italia. Probabilmente il “Bel Paese” non è più considerata una meta così appetibile.

Mi avvio verso il check in, un dedalo di corridoi che mi conduce inaspettatamente al posto di Polizia di Frontiera dove vengo invitato a presentare i documenti. Quando vedono la mia nazionalità mi scrutano attentamente il volto e lo confrontano con quello sulla Carta d'Identità. Eseguono più volte questa manfrina, come avevano fatto in Russia prima della Perestrojka e poi mi conducono in un'altra stanza dove mi fanno smontare armi e bagagli da Carmencita. Segue un'accurata ispezione che si conclude con il sequestro del mio Opinel valenciano e del mio fornellino da campeggio, con bombola annessa, al quale sono molto affezionato perché viaggia con me dal 1982. Provo a protestare, ma non c'è nulla da fare. Mi dicono che le mie cose mi verranno restituite dalla Polizia Italiana.

Entro in stiva e lego la bici dove mi viene detto. Salgo sul ponte della nave usando le scale mobili e mi trovo un posticino dove sistemare tutte le mie cose. Poi vedo Massel, un tedesco enorme che avevo conosciuto al campeggio di Alissos. Anche lui si cucinava col fornellino e si tagliava il pane col coltello. Mi viene spontaneo chiedergli se avessero perquisito anche lui.

"Nain" mi dice. Gli hanno solo controllato passaporto e documenti di viaggio.

Immaginavo...

"Italia Grezia, una fazza una razza".

Si, una volta, forse.

A una certa, apro stuoia e sacco a pelo e mi allungo per riposare.

Arrivo a Bari con un'ora di ritardo. Un'altra mezz'ora se ne va nello sbarco. Sono le 10.30. Il treno InterCity per Milano, l'unico sul quale possa portare la mia bici, arriverà alla stazione di Bari Centrale alle 11.50. Ho tempo per andare alla Polizia a prendermi le mie cose, o almeno così credevo, perché una volta lì le cose andranno diversamente.

"Ma lei lo ha detto al personale della nave che la Polizia greca le ha sequestrato della roba?" Mi domanda un agente.

"No. Dovevo?" chiedo.

"Certo. Così ce la portavano."

"Scusi” replico. “Ma non è una prassi che dovrebbero eseguire in autonomia?"

Il poliziotto sorride.

Intuisco che la mia roba è persa.

"E poi c'è un'altra cosa" aggiungo.

"C’era un tedesco con me sulla nave. Anche lui aveva fornellino e coltellino. Lo so perché eravamo nello stesso campeggio e glieli ho visti usare. Perché a lui glieli hanno lasciati e a me no?"

Pazientemente il poliziotto mi spiega: "Vede, lei si è vinto una perquisizione. Ogni tanto, a campione, vengono eseguite delle perquisizioni, lo facciamo anche noi. La perquisizione è toccata a lei."

Solita fortuna, penso.

Poi il poliziotto aggiunge: "Se torna sulla nave e spiega il tutto alle autorità, vedrà che ci portano le sue cose e noi gliele restituiamo."

"Grazie, ma tra un'ora ho il treno per Milano. Perderlo vuol dire fermarmi una notte a Bari e sinceramente preferirei evitarlo."

Ringrazio, saluto e mi precipito in stazione.

Alla biglietteria mi aspetta una notizia che non definirei buona. Sul mio treno, che è l’unico per il Nord Italia che può trasportare biciclette al seguito, non c'è il posto per la bici e non possono quindi emettere il biglietto.

Scalogna maledetta!

Il fato si sta impegnando a crearmi contrattempi.

Non fidandomi faccio un controllo tramite il terminale della biglietteria automatica. In effetti è vero. Vedo che il risultato della mia ricerca si risolve con: "Biglietto non emissibile. Posto bici non disponibile".

Mi viene in mente l'esistenza di Flixbus. Penso che potrei prendere un pullman su cui caricarvi la bici. Certo, il viaggio sarà più lungo e scomodo, ma almeno non dovrò fermarmi a dormire a Bari.

Faccio così un altro buco nell’acqua: Nell'immediato non ci sono Flixbus con portabici, nei prossimi giorni vengono stivati solo bagagli ordinari.

Non mi dò per vinto. Decido di andare al binario e prendere il treno anche senza biglietto, lo farò a bordo. Mal che vada non mi faranno salire, o m’inviteranno a scendere.

Sono sul binario da appena due minuti quando arriva il treno. Salgo senza problemi e appendo la bici nell’apposita carrozza. Su sei portabici ce ne sono tre liberi e questo dimostra che l'informatica non è una scienza esatta.

Carmencita è la quarta, quella con la borraccia rossa.

Mi accomodo e non appena il treno parte vado dal capotreno, una donna, e gli dico che sono salito di corsa e che dovrei fare il biglietto.

“Mò vengo...” mi risponde.

Arriverà il suo collega due ore più tardi e mi farà il biglietto senza problemi e senza supplementi.

Se penso che se fossi stato meno determinato non avrei mai preso questo treno, mi monta una certa avversione per l'esagerata informatizzazione. Fortunatamente il mio stato di boomer m'ha permesso di trovare una soluzione alla maniera dei vecchi tempi.

Mi compro sull'app di TrenItalia il biglietto per Torino delle 22.15 e arrivo a Milano Centrale in tempo per salire sul mio treno. Il vagone per le bici è in testa al convoglio e fino a Vercelli viaggio in compagnia di parecchi Glovo di altre etnie e di scalcinate e-bike.

Inganno il tempo facendo un bilancio di questi due mesi di viaggio in bicicletta: 3600 km a fronte di 35000 metri di dislivello. Non male per un anziano signore sgangherato ☺.

È mezzanotte passata quando arrivo a Torino. Accendo i faretti e pedalo, gli ultimi chilometri che mi separano da casa, silenzioso e nella nebbia.

 Ad aprirmi la porta di casa ci sarà Sara, ma anche una gradita ospite che fa le veci di Laura e che ormai è di famiglia.


(Torino, 7 novembre 2024)

domenica 3 novembre 2024

UN PERIPLO DEL PELOPONNESO, O QUASI

 

A bordo del Kissamos giungo al Pireo. La nave è affollatissima, raccoglie i numerosi passeggeri che sono rimasti bloccati per lo sciopero, molti sono studenti e insegnanti che hanno concluso le vacanze-studio e gli Erasmus.

Lo sbarco richiede circa un'ora e rimanere in angusti corridoi muovendosi a micro-passi, peggio che all'uscita dalla chiesa alla messa delle 10 negli anni'60, non è per nulla un'esperienza piacevole. Se fosse capitato un imprevisto, salvarsi sarebbe stato impossibile.
Finalmente sono sulla banchina, è ancora buio. Accendo le luci e mi metto in marcia verso Corinto.
Pedalo da alcune ore bello tranquillo lungo lo stradone, quando mi affianca questo tizio


e mi fa:
"Ehi Max! Come si fa a diventare un Avengers?"
"Eh, amico..." gli rispondo. "Devi parlare col Capitano".
Mostra le dita a "V" in segno di saluto e se ne va sogommando con gli scarichi in fiamme.

Ecco lo Stretto di Corinto.

Dato che sto bene continuo a Pedalare fino a Nafplio, una bellissima città che è stata anche la prima capitale dello Stato Greco. Qui campeggi non ce ne sono, mi tocca andare a Tolo, portando così a160 i km della giornata odierna. Stanco ma felice: Sono nel Peloponneso!☺


Il giorno successivo giungo a Leonidio, altri 100 km. Qui rimango coinvolto in una festa di climbers nella quale è stata allestita la poppa di una nave con delle prese d'arrampicata.


La mattina pedalo con direzione Gythio, una faticaccia boia. Salite lunghissime, durissime, sfibranti, nella mente e nel  fisico che deve trascinare i 35 kg di peso supplementare su queste ripide pendenze. I chilometri di oggi saranno infine 90 e tutti inaspettatamente ostici. O forse sono io a trovarli tali perché non ho recuperato la fatica dei giorni scorsi.

Arrivo al Camping Meltemi e mi concedo un giorno di riposo. È il 28 ottobre, il Giorno del No, Festa Nazionale dal 1940, giorno in cui il governo e il popolo greco rifiutarno l'ingresso in Grecia alle truppe di Mussolini.

Ed eccomi qua! Perfettamente solidale con gli Ellenici.


Ghityo, che in antichità si chiamava Cranae, era l'antico porto di Sparta. La spiegazione dettagliata di tutto ciò, la si può trovare nel bel libro di Fermor, "Mani".

Mani è il nome di questa regione. Una terra dura, abitata da uomini coriacei, che si dice discendano dagli antichi spartani. Il Mani vanta il privilegio di non essere mai stato conquistato, non conosce invasioni, neppure quelle turche. Persino i pirati navigavano alla larga dalle coste maniote. Pensate che quando nasceva un bimbo, gli adulti dicevano: "È arrivato un nuovo fucile".

Sono nuovamente in viaggio direzione Kalamata, la patria delle olive. Ma prima mi attende Areopoli e poi Vathia, la più bella ghost town che io abbia mai visto.


La strada per Kalamata è meravigliosa, e non solo perché ho recuperato le forze, ma perché il paesaggio è proprio bello (o perlomeno, a me piace un sacco) e la salita non manca neppure qui, ma la faccio con gioia.

Questa giornata fatta di case di pietra, di ulivi, del blu del mare, dell'azzurro del cielo, dai buoni profumi e dal vento che ti soffia in faccia, da un senso a tutto ciò che è l'essenza di un viaggio lento. L'importanza di ciò che sta nel mezzo tra il punto di partenza e la meta.
Ho lasciato Kardamili in basso più di un'ora fa. Pedalo su questa strada in salita, con il vento contro e un susseguirsi quasi ininterrotto di autovetture. In un clima che è perfetto per me. Non sono stanco, mi piace il panorama e mentre penso questo, accade qualcosa.  Dal basso, sento provenire il suono di una tromba. Acutizzo l'udito per capirne il motivo e il vento cessa. Le macchine smettono di passare. La mia pedalata è fluente, redditizia, silenziosa. Mi trovo sospeso nel nulla, eppure su una strada. Il tempo si ferma. Le note limpide della tromba ascendono e sento salire in me una gioia interiore e un senso di gratitudine per il fatto di essere vivo, al mondo e in questa forma. Credo di trovarmi a contatto con il mio Atman, con il mio Io più intimo, con l'Anima. Chiamatelo come volete, però è questo. Poi il vento riprende a soffiare, le macchine a passare e il suono della tromba non si ode più. È questo quello a cui mi riferivo quando dicevo che l'mportanza sta nel mezzo, ma non so se mi sono spiegato.

In un campeggio ad Alissos ho la fortuna di fare la conoscenza con un ulivo millenario. Yorgos, il proprietario del campeggio, mi dice che l'ulivo ha più di 1000 anni.

La foto non da la percezione di quanto sia grande quest'albero, ma vi garantisco che è enorme. Non sembra anche a voi che abbia la forma di un gigantesco cuore?

La mattina è sempre fredda. E la mattina successiva è più fredda della precedente. I campeggi sono deserti, lontani dal paese.
I mini-market al loro interno sono chiusi, così come pure il servizio bar, niente luci. 

Alla sera mi cucino una pasta, o del riso, alla luce della mia pila frontale. Mangio ed entro in tenda infreddolito. Leggo un po' e mi addormento presto. Però mi sveglio anche presto e aspetto l'alba e poi che il sole scaldi. Mi viene in mente una frase Lakota che ho letto da qualche parte: " Sono come l'orso, mi siedo sulle zampe e aspetto il sorgere del sole".
È triste tutto ciò?
Forse.
È il preludio dell'inverno.
Viaggiare in bici è bello, ma  come lo faccio io, spostandomi da un campeggio all'altro, diventa sempre più difficile e non credo di poterlo fare ancora a lungo. Qui in Grecia, alcune strutture sono ancora aperte perché sono anche uliveti, ma quando la raccolta finirà i campeggi chiuderanno.
Ci sono tanti gattini che vivono qui. Alcuni cacciano, ma quasi tutti si nutrono delle elemosine dei campeggiatori.

Ho paura che non saranno in molti quelli che riusciranno a superare l'inverno una volta che sarà tutto chiuso. Ho preso l'abitudine di mettere un po'di pasta in più anche per loro.

(Alissos, 4 novembre 2024)

Quattro novembre?
Ma oggi è il compleanno di una mia cara amica!
Tanti Auguri Sibi! 🥳